Spylacopa - Spylacopa EP

2008 - Rising Pulse Records

1 - Hounting A Ghost

2 - Aggressive


3 - Together We Become Forever


4 - Staring At The Sound


5 - I Should Have Known You Would










Nel corso degli anni il chitarrista John LaMacchia (Candiria) è riuscito a far incontrare Greg Puchato (The Dillinger Escape Plan/voce), Jeff Caxide (Isis/basso) e Julie Christmas (Mad Out of Babies e Battle of Mice/voce) riuscendo così a formare gli Spylacopa, uno studio project mica da ridere essendo composto da queste forti personalità.

La band si presenta con l'omonimo EP composto da 5 pezzi; se si prende singolarmente ognuno di questi se ne può apprezzare assolutamente la bellezza, conferma della grande esperienza dei singoli, ma nell'insieme la scaletta mi ha dato l'impressione di essere poco omogenea. Ogni personalità riesce a dare, in modo molto positivo, il proprio contributo e impronta, non definendo però un' identità globale.
E' per questo motivo che oserei definire questo progetto ancora leggermente acerbo per un album definitivo, ma sicuramente le basi sono più che ottime e già in questo lavoro spiccano canzoni eccellenti.

Ascolto consigliato! Sentiremo sicuramente parlare di loro in futuro.

Post-it

http://www.myspace.com/spylacopa

2009 - Epitaph Europe

  1. moved as mountains, dreamt of by the sea
  2. bright lights
  3. knees, toes, teeth
  4. canyons of static
  5. split the atom
  6. neptune
  7. small mercies
  8. nobody likes a hero
  9. running on empty
  10. fed to the ocean N
  11. good old fashioned loss



E' come se dall'Inghilterra si alzasse un bel “vaffanculo” rivolto verso tutta quella brodaglia di roba da teenager che cercano di propinarci dagli U.S.A..

I Ghost of a Thousand si rivolgono al pubblico con un bel post-hardcore ruvido, ricco di inflenze rock e un po' di punk, in piena scuola Refused; proprio questa affinità è coronata dalla produzione di Pelle Gunnerfeldt (Refused, The Hives). L'ottimo screamo è accompagnato da una buona coesione tra chitarra e batteria: i riff, spesso divertenti, mantengono sempre abbastanza alto il tiro delle canzoni.

I ragazzi di Brighton hanno mantenuto sicuramente lo stile del loro precedente album di debutto (This Is Where the Fight Begins) acquistando comunque un po' di maturità in più che ha solo arricchito e migliorato quest'ultimo lavoro. Insomma, un ascolto consigliato a tutti, 11 tracce di buon post-hardcore di stampo europeo.

Post-it

http://www.myspace.com/theghostofathousand

Ecco il nuovo bellissimo video di "Wanderlust" degli Every time i die:


Partendo dal presupposto che, dal mio punto di vista, un qualsiasi amante dei live debba aver visto almeno una volta una performance dei DEP, potete immaginare che la mia critica sarà leggermente di parte, ma cercherò di fare del mio meglio.

Purtroppo, a causa di qualche intoppo eno-gastronomico e della proverbiale ospitalità del popolo romagnolo, sono arrivato un po' in ritardo per riuscire a vedere tutte le bands addette ad aprire la serata; giusto il tempo di prendere confidenza con il locale, bere una birra, ed ecco che fanno il loro ingresso sul palco cinque folli barbuti della North Carolina.
I Valient Thorr partono subito alla carica con la loro attitude tutt'altro che banale conquistando immediatamente il pubblico. Propongono un mix di heavy metal, punk e hardcore ben amalgamato da un'energia che farebbe invidia ad un sacco di gruppi molto più giovani anagraficamente di loro; un sound ruvido e deciso ha portato, con un pizzico di irriverenza,  l'euforia ed il sorriso (a quanto pare i gruppi che li hanno preceduti non hanno brillato).
Grandi applausi per l'ottima performance ma è arrivato ora il momento più atteso, stanno per salire in cattedra Weinman&co.

Un intro pieno di suspense precede Panasonic Youth e 43% Burnt scatenando immediatamente la folla purtroppo non molto numerosa (considerando anche che era l'unica data italiana!).
Queste belve da palco sono furiose: il carisma di Greg Puchato si fa sentire e le chitarre non perdono occasione di saltare e correre ovunque non perdendo di velocità e precisione nell'esecuzione. Greg sembra in qualche istante un po' spaesato poiché non riesce a trovare appigli ai quali è solito arrampicarsi e appendersi, ma non avrei voluto essere nei panni del fonico nei diversi momenti in cui si è divertito a saltare sulle casse e scalciarle, cercando di piantarci dentro il microfono. Proprio per questo motivo posso dire che la resa acustica non è stata delle migliori, a tratti si avvertiva un po' di confusione nei suoni, ma tutto ciò fa parte del gioco.
I complimenti è doveroso farli anche al nuovissimo acquisto in casa Dillinger, il batterista Billy Rymer (The Rivalry). Non è facile catapultarsi nel giro di pochi mesi nei live dei DEP, ma direi che è riuscito subito ad entrare nell'ottica eseguendo ogni pezzo senza problemi. Non si può nascondere la mancanza di scioltezza e compostezza che caratterizzava i suoi due predecessori, ma sostituire due fenomeni come Chris Pennie e Gil Sharone non è asolutamente un compito facile!

Beh, tirando le somme di questa serata, posso dire che abbiamo avuto la fortuna di conoscere meglio i Valient Thorr e si può tranquillamente affermare che i The Dillinger Escape Plan non hanno affatto deluso le aspettative dimostrando ancora una volta la nomea di band live più devastante del pianeta.


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http://www.myspace.com/dillingerescapeplan 

2009 - G7 Welcoming Committee Records
  1. Night letters
  2. Supporting caste
  3. Tertium non datur
  4. Dear coach's corner
  5. This is your life
  6. Human(e) meat(the flensing of Sandor Katz)
  7. Potemkin city limits
  8. The funeral procession
  9. Without love
  10. Incalculable effects
  11. The banger's embrace
  12. Last will & testament

E' dal 1986 che dalle più remote distese delle praterie canadesi si alza la voce potente e incazzata di Chris Hannah&Co. che ancora una volta ci propongono un bella scarica di sano hardcore; quell'hardcore impegnato ed energico, con qualche sfumatura heavy metal, e questa volta arricchito di un nuovo componente: David “The Beaver” Guillas (chitarrista).
I Propagandhi sono come una buona bottiglia di vino rosso, gli anni non li consumano affatto anzi, ad ogni nuovo lavoro riescono sempre a dare qualcosa di più, pur mantenendo, ed è proprio questo il bello, il loro sound inconfondibile ormai marchio di fabbrica. E' vero che con l'ultimo lavoro (Potemkin City Limits) si è potuta notare una vena leggermente più melodica rispetto ai primi album della band ed è vero che con Supporting Caste questa tendenza è confermata, seppur  in maniera molto più blanda, ma l'attitude rimane sempre quella: velocità, potenza e tanta coerenza per una delle band più intelligenti e impegnate del panorama musicale mondiale.
 

Verdetto finale: senza ombra di dubbio quest' album è un capolavoro! 

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propagandhi.com


 

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